martedì 13 settembre 2011

DREAMSHADE - What Silence Hides








Finlandia e Svezia si incontrano in Svizzera, precisamente a Lugano.


Nella vita di ognuno di noi vi è un evento fondamentale, in grado di cambiare la sorte dei nostri percorsi e di verificare con la migliore luce possibile tutto ciò all’interno di noi stessi che realmente siamo riusciti ad esprimere. Si tratta di un confronto emotivo con noi stessi, un’analisi di mente e cuore, per capire se stiamo vagando senza metà negli infiniti meandri della nostra semplicità o se realmente siamo in grado di oltrepassare i confini da noi stessi tracciati.

I Dreamshade, nella più totale innocenza, sono riusciti a tirare fuori da essi stessi l’impensabile.

La giovane band elvetica, messa in piedi nel recente 2006 dagli amici e chitarristi Rocco Ghielmini e Fernando Di Cicco, non nasce solamente con l’intento di comporre musica e divertirsi come altre centinaia di gruppi dello stesso filone, ma mira a diventare una delle realtà musicali più innovative ed interessanti non solo del panorama elvetico, ma del mondo intero. Lo dimostra la difficoltà dei due ragazzi nel trovare componenti della line-up sufficientemente adatti e preparati per un progetto di tale ambizione, line-up che impiegherà più di anno a stabilizzarsi.

Il nuovo sestetto luganese, collaudato ed ormai pronto per la sperimentazione di tutte le idee messe insieme in mesi e mesi di lavoro insieme, esce alla luce del pubblico con un EP d’esordio dal titolo To The Edge Of Reality, che mette subito in chiaro l’intenzione dei giovani di non passare inosservati e di sfondare senza troppi complimenti la porta principale.

Dopo svariati concerti locali, i Dreamshade riescono a calcare i ben più prestigiosi palchi di festival come il Summer Breeze Open Air ed il Metalcamp Open Air, e vengono ben presto notati dall’etichetta finlandese Spinefarm Records, appartenente al colosso Universal. La personalità e la freschezza dei  melodeathsters rossocrociati si concretizza in una serie di ottime performances, rendendo il  2010 l’anno della svolta, culminato dalla release del loro esordio ufficiale, intitolato What Silence Hides.

What Silence Hides… Cosa nasconde realmente il silenzio?

I Dreamshade si approcciano al nuovo mondo nel quale sono appena approdati nel migliore dei modi, sfatando ogni pregiudizio sul sound troppo moderno delle band emergenti ed allontanando ogni paragone con le centinaia di band Metalcore in formazione da almeno dieci anni a questa parte.
L’opener scelta per il loro atteso debutto è anche la title-track, una bella responsabilità per questo brano, che sembra reggere fin da subito la pressione tipica che può influenzare il parere dell’ascoltatore. Non è un caso che What Silence Hides conferisca fin dal primo ascolto un’atmosfera ai limiti del surreale; gli ottimi chitarristi hanno bene in chiaro come impostare una canzone dal forte impatto, e la prestazione eccezionale di Iko Castelli al microfono non può che facilitare il compito dei giovani musicisti. Screams taglienti di una potenza formidabile, momenti growl di matrice Brutal e rari episodi di voce pulita (peraltro gradevolissimi) efficacemente coesi grazie ad un’estensione vocale che farebbe rabbrividire metà dei cantanti del settore in questione con alle spalle molti più anni di esperienza. Traccia d’impatto, dicevamo, che mette le carte in tavola e prepara la mente ad un viaggio di quelli che non si scordano, e che raramente si ha l’occasione di intraprendere.

La storia con il passare dei minuti si ripete, di nuovo quella sensazione di imbarazzo di fronte alla caparbia tecnica di tutti i componenti, con lo spiccare di Serafino Chiommino, esperto batterista già visto all’opera con i cugini Roots Of Death. Una vera e propria macchina da guerra, che non risparmia l’ascoltatore nemmeno per un minuto e che, a suon di martellate e scorribande con doppio pedale, contribuisce in modo significativo a costruire le fondamenta di quello che si rivela, canzone dopo canzone, uno dei lavori a candidarsi come full-lenght dell’anno nel vasto campo del Melodic Death Metal.

I paragoni con Children Of Bodom e Skyfire si sprecano, e la caratteristica più piacevole del gruppo è proprio quella di essersi creato un’identità propria e di enorme fattura stlistica. Mai un suono grezzo, banale o qualcosa di già sentito, momenti di pura raffinatezza ed atmosfere evocative esaltate dall’abbondante (ma mai fuori luogo) tastiera di Rawirak Pellegrini, geniale pianista che dimostra di amare la sperimentazione più di ogni altro componente.

Da segnalare, per ultimo ma non certo per importanza, il lavoro al basso di Ivan Moccia, che fa da spartiacque nell’oceano di meravigliose idee sviluppate dai Dreamshade, capaci, ad un’età media di appena 20 anni, di sfornare un capolavoro che ha tutto per diventare un culto per gli appassionati di Melodic Death Metal.

Tecnica invidiabile, un’attitudine fuori dal comune e la capacità di bilanciare elementi tra loro assai differenti sono i cavalli di battaglia di questa giovane band, in continua ascesa a quasi un anno dalla release. Una produzione studiata, una promozione dell’album  professionale (lo dimostrano i videoclip girati per Miles Away, singolo che ha anticipato la release, ed Eternal) e una solidità compositiva che consegna al gruppo un biglietto di sola andata verso il successo.

Benvenuti nel mondo dei grandi, cari Dreamshade.


8,5/10